"Vorrei star fermo mentre il mondo va" di Simone Marcuzzi***

"Vorrei star fermo mentre il mondo va" di Simone Marcuzzi***

Sì, ho letto un libro per adolescenti, e allora?
Come dite? 
Che la prossima volta mi beccherete nascosto nel folto delle piume del mio dodo da compagnia a leggere Moccia?
Naaaaaa. Al dodo non piace, purtroppo.
Comunque, spieghiamo.
A metà dicembre, non ricordo quando di preciso, questo libro lo presenterò, per un gradevole “aperitivo con l’autore“, e per la serie “il libro che presento lo leggo tutto, e prima” mi sono letto, e molto volentieri, questo “Vorrei stare fermo mentre il mondo va“.
Il fatto che fosse un Mondadori, è ovvio, mi metteva al riparo da sorprese relative a ingenuità da scrittore esordiente, ma le parole di Cinzia, che me lo ha presentato come un “tipo Moccia” potevano anche farmi preoccupare.
Invece no. No davvero. Se avete adolescenti che vi girano per le mani, se volete regalare un libro a un vostro figlio-nipote-amante 16-20enne, beh… questo romanzo d’esordio di Simone Marcuzzi è ideale. Non annoia, tanto per cominciare; è scritto in un italiano elegante e da liceo classico (Liceo Classico Majorana di Pordenone, per essere più precisi) e parla anche un po’ di calcio, che vuol dire che può piacere anche ai maschi. Insomma, ha tutti le caratteristiche migliori per essere quel romanzo di formazione che tratta i temi adolescenziali in modo leggero e misurato, senza volgarità e violenze e dipingendo la reltà di un nord est che è, fortuna mia e dell’autore, ancora molto lontana dal caos e dal degrado giovanile, e dall’impoverimento di ideali e cultura che a volte ritrovo nelle città più grandi. Insomma… decisamente più da Baustelle (come la citazione assurta a titolo) piuttosto che da lady gaga o X-factor/amici.
Ma allora è un libro per adolescenti e basta? No, no. L’altra categoria è quella che va dai 25 ai 35, più o meno, tant’è che l’autore è proprio in mezzo a questa fascia. E’ facile, infatti, ma davvero tanto facile, immedesimarsi nelle analessi dell’infanzia di Rodolfo, il protagonista, che sono inframmezzate alla sua storia attuale, normalissima, diluita lungo l’anno scolastico che lo porterà all’Esame di Stato.
Ecco, vi ho sentiti, avete sbuffato! Noooo, non è un fac simile della notte prima degli esami. Sì, certo, di scuola si parla, ma non troppo, e diciamo che l’autore non fa troppo il furbo, buttandosi sulla facile empatia che provocherebbe con la descrizione di troppi momenti scolastici. 
Certo, non ho dubbi che buona parte del sentire che Marcuzzi riversa sulle pagine sia autobiografico, ma non intendo autobiografico suo, ma autobiografico di una generazione che non è quella dei ventenni di oggi, ma quella dei trentenni.
Vi faccio qualche esempio.
Chi è che ascoltava i Marlene Kuntz? 
Qual è la generazione che ha visto nella “canzone che scrivo per te” cantata con skin, e nell’album “che cosa vedi?” la cesura completa dei MK prima, con i mk (minuscoli) dopo? 
E poi ancora.
Chi è che ha vissuto le notti magiche di Italia 90 con Schillaci e i suoi occhi fuori dalle orbite e quell’orribile canzone di bennato-nannini che però ci piaceva lo stesso? E “Caniggia il giocatore più brutto del mondo”?
Ecco, da questi richiami dovreste capire che non è autobiografia da ventenni, questa, ma da trentenni.
Trentenni che sì, si vede che fanno un po’ fatica a descrivere l’estrema cellularizzazione adolescenziale, fanno fatica a descrivere il loro rapporto con internet, che è tanto frequente quanto nullo e vuoto.
E così, quel che qualcuno potrebbe addirittura additare come imprecisione temporale, a me, buon peter pan 35enne, è parso un ottimo valore aggiunto. Ed è stato bello ritrovarmi ad essere il Mattia della situazione al concerto dei MK, o il Rodolfo della situazione fuori dal pub che è sfigato che più non si può. 
(Adesso purtroppo riuscirei tutt’al più ad essere il prof sfrontato di filosofia 🙂
Insomma… ci siamo capiti. Gli insides adolescenziali e di infanzia di questo libro sono ottimi. Una volta che hai finito di leggerlo, ti pare che potresti incontrare Rodolfo, Mattia e Valentina lì, alla fermata della corriera, zaino in spalla e occhi di sonno, pronti per andare a scuola.
Poi che altro dirvi. 
Ambientazione! Simone Marcuzzi è di Pordenone e qui ci trovate… Pordenone! Il pub fuori città potrebbe essere, che ne so, quello ad Aviano, o quello di Fiume veneto, e quella merda di centro commerciale che lo disegnava meglio un cieco è fin troppo facile da individuare, se transitate per la Pontebbana. Insomma, nell’ambientazione si è riusciti a non perdere l’identità, pur senza dare troppi particolari e scassare le balle al lettore generico, non pordenonese.
Come dite? qualcosa della trama? Okay… due parole. Protagonista è Rodolfo, diciottenne sfigato con un po’ di traumi familiari sul groppone che vive il suo anno di quinta in simbiosi con i suoi due compagni di classe e di sempre, quelli di paese, che ti durano per la vita, se non ti sposti da dove sei nato. I due compagni, fidanzati storici, sono Mattia e Valentina. Mattia quello figo e Valentina anche. Aggiungiamoci che Rodolfo trova la prima donna, più grande di lui, e che il rapporto degli altri due entra, com’è normale, in crisi. In mezzo, tra un capitolo e l’altro, metteteci i ricordi di Rudy e della sua infanzia e preadolescenza. I mondiali, le vacanze di natale, le tempeste causate dai problemi dei genitori. Tutto qua. Non serve molto altro per un romanzo per giovanotti. 
Difetti?
Sì, ci sono anche quelli, ovvio. Ma sono caratteristiche da imputare al target a cui il romanzo viene offerto. Vi faccio un esempio: nel libro ci sono le pagine di diario di Valentina. Diario in cui confessa le sue paure, le sue verità ecc ecc. Beh, ecco, se una a 18anni, scrive il diario in quel modo, beh, mandatemela che tra un paio d’anni ne caviamo un Campiello, tra cinque uno Strega e tra dieci il Nobel 🙂 
Certo, io capisco che l’editing ha “pulito” tutto, però… sì insomma. qualche x al posto del per e qualche cazzo merda culo inpiù, secondo me la Vale ce lo scrive, nel suo diario.
Seconda mezza pecca, ma ci dovrei riflettere, nel finale. 
Non che io volessi un finale da felici e contenti, no.
Anzi, con quello mi sarei messo a vomitare. Ma quel finale… non so, non mi ha lasciato del tutto soddisfatto. Mi è sembrato poco in linea con tutta la linea di pensiero dell’autore seguita fino a quel momento. Glielo chiederò, a Simone, se mi ricordo. Magari nel dietro le quinte.
Bene, è tutto.
E poi mi sembra doveroso lasciarvi con una canzone, ma non con i Marlene, anche se ci starebbe bene, e nemmeno con i Baustelle. Vi lascio con i Tre Allegri Ragazzi Morti, che sono a tema Pordenone, e vi consiglio di ascoltarvelo il pezzo. Adatto, bello e con un testo semplice e degno.

Comments

  • Noe
    30 Novembre 2010

    Ogni tanto un libro per noi piccoli adolescenti.

    Mi piace!

    😀

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  • 30 Novembre 2010

    ma smettila! tu non sei più, piccola!
    cioè… sì… okay, ma non in quel senso! 😛

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  • 1 Dicembre 2010

    Mi sa che il 16 potrei fare un salto all'Hostaria per vederti 😉

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  • Noe
    1 Dicembre 2010

    In quanto nuovo direttore della collana Pigmei, non puoi più parlare di piccolezza!
    (o forse puoi proprio per questo?).

    Tiè!
    :p

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  • 1 Dicembre 2010

    beh, posso sempre chiamarti pigmea!
    :)))

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  • DPY
    11 Dicembre 2010

    IMHO la parte di Rodolfo è autobiografica per metà, con degli aspetti rispondenti e altri completamente cambiati.

    La cosa che ho apprezzato è il modo di raccontare in maniera affascinante le storie di chiunque, le vicende di ogni adolescente, che per questo hanno pochissimo o nulla di speciale. Però vorrò vedere se questo modo rimarrà intatto anche su una vicenda che non abbia niente di autobiografico.

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  • 11 Dicembre 2010

    Beh… è la classica prova del nove, noh? I mezzi però sono buoni, io scommetto sul "sì" 🙂

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  • Anonimo
    21 Ottobre 2014

    A ben cercare il liceo classico è "Leopardi"… mentre al fisico Majorana è intestato il liceo scientifico con cui il classico condivide le sorti da parecchi anni. A ciascuno l'attribuzione più adeguata 😉

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