A cucire l’aria al vento
Con la punta delle dita. Ho disegnato riverberi - libellula o tramonto - Nel calice rovesciato Del tuo piacere Spalancato. Il fiume viscoso dei languori Si è preso gioco di noi, Lasciandoci vincere E dal ventre caldo degli umori, Si levano in volo Un graffio, Un morso, Una manciata di profumi, A cucire l'aria
Quei figli di puttana
Fermateli, quei figli di puttana. Si nascondono sugli alberi, In un cerchione infangato, Negli incroci inopportuni, Uragani minacciosi. E dietro uno piccolo Ne spunta uno grande. Fermateli, Perché hanno fame, Consumano, Stordiscono, Dilagano, Ricoprono del velo Della conquista. Hanno denti Da far rabbrividire, Conoscono lingue Che fanno inghiottire Il fiato, Vergano le parole Che aprono al conflitto. E allora fermateli, Quei
Dal dorso
Vivo in castelli di carte. Inchiodati con ferro Lucido I cuori alle picche; Bucati al centro I quadri; I fiori Colti dalle spine. E i jolly danzano Come fantasmi, A disagio, Agghindati di lenzuola E il tintinnio delle catene A legare le scale. Ma tu, Regina, Sei fuoco dalle lingue Dolci, Mano vincente, Un mazzo da mescolare E carezze Da disporre
Da cento e passa
Tenni un fiammifero Per illuminarti il volto, E mi bruciò il braccio, E mi bruciò il viso. Rapii un satellite, Una fata, Un'onda del mare E te li liberai nel cuore, Ma furon perduti: Mai sazi e mai stanchi. E per calpestarti L'ombra, Svanirono i piedi, Volarono le gambe, Par farmi strisciare, Per farmi carezza. E
Il pensiero di te
Mi ha sorpreso, Bussando, Con le mani timide di abbracci e sete; Nelle mie un cucchiaino di caffè. Indossava un sorriso, Presto mutato in labbra Morse e palpebre socchiuse. E una volta dentro si è spogliato Di piedi e tasche e imbarazzi E pronto, Vestito di fame e primavera, Ha messo
Lasciati entrare
Lasciami entrare, fatti trovare. Ché ti cerco in cerchi [del bacino Scivolato senza essere caduto, Dal petto profondissimo Degli sfioramenti. E dal petto Toglimi il fiato e gettalo Assieme al tuo. Lasciati entrare, fatti cercare. Ché difendo dalla frenesia [la voluttà Sprofondato senza appigli, Senza pretese di dominio O comprensione.
Malie
Dagli argini, Sgomenti e spezzati, Diramano lingue di terra e fiato, Un giocattolo abbandonato Si finge morto; La gretta, vaporosa voluttà Avvampa, Separata dalle vesti, Dalle meticolose cuciture Dei condizionali negati, Delle viscere rovesciate degli occhi Compresse tra labbra fradice. Non resta mai molto Dopo la fiamma. Solo una fiaba senza finale: L'orco e la
Dominatori, predatori, divoratori
Non ho il cuore, No, Nemmeno su una carta da gioco, Né uno sbilenco, Disuguale, Scarabocchiato sopra uno scontrino. Ma pure senza, Il battito comprato a un piede, Ti morderei Senza disegnare orologi, Sul collo e sulla fame, Avresti labbra come lebbra, Destinate a ricoprirti il corpo, Intero E inesorabili; Perché siamo dominatori, Predatori, Divoratori, Usiamo per ali
L’ombelico
Strisciano vermigli e io ti guardo:Il petto, come una fobia dimenticata,Gli occhi luminosi di una serranda,La disastrosa e stomachevole risataChe apre le bocche e invita i pugni nelle mani.Eppure sei un vagheggiare bruno sul candoreDei gigli e delle natiche,Vorresti essere
Attraversata
Lingua tra le gambe, ti ho sbirciato il cuoreA lungo e nella paceStremata del fortunale.I tronchi graffiati da mattoniAvevano sorrisi obliqui.Il fango aveva disegnato mappe e voltiSulle corolle e sulle vele.Più a fondo, allungando il collo,Un palpitare muoveva le pozzanghereSature